sabato 30 marzo 2013

Intermezzo


"Spesso quando ci si rincontra in famiglia, si rievocano ricordi, magari tutti a tavola di fronte ad un buon vino fatto in casa, che forse temevi e temi di perdere tutt'ora. Così capita che magari il particolare che ognuno custodisce vada a formare un puzzle che senza l'aiuto di tutti sarebbe rimasto incompleto. Guardi così anche i punti di vista che son diversi dal tuo e che quindi ti aiutano a vedere ciascun episodio dalle vere varie angolazioni e ti accorgi che il panorama non è sempre quello che pensavi si potesse apprezzare da li."



Sul terrazzo della zia ogni domenica dopo mangiato si ascoltava la magnifica trasmissione 'Tutto il calcio minuto per minuto'. Erano gli anni della progressiva e catastrofica parabola discendente della grande Inter dell'88-89. Da allora abbiamo perso ben due tra i migliori cronisti sportivi che hanno segnato un'era, quella del calcio giocato 'puro', lontano dalle logiche del business che si sono via via create dietro le quinte del palcoscenico. Parlo ovviamente di Sandro Ciotti e di Alfredo Provenzali. Erano gli anni dei grandissimi giocatori tedeschi interisti e non, Brehme, Klismann, Matthaus, del grande baffone Rudi Voller, dello zio sopracciglione Bergomi, del grande Nicola Berti e del grande sinistro di Ruben Sosa, giocatore che rimpiazzò Lothar nel primato della lista dei miei idoli di allora. Dei grandi portieri Zenga e Pagliuca, del grande Wim Jonk e degli olandesi del Milan.

Come sempre accade da piccoli ci si affeziona al fratello più grande o in mancanza di questo al cugino più grande. Ogni domenica non vedevi l'ora di finire di mangiare e cercavi di non far storie per sbrigarti, tanto che i tuoi ne approfittavano ogni volta per piazzarti nel piatto tutto quello che solitamente non mangiavi durante la settimana. Ti fiondavi quindi dalla zia che vive accanto e le rivolgevi la sola domanda che lei ogni domenica si aspettava 'Zi, dov'è Mimmo?'. E lei ovviamente ti dava la solita risposta che tu ogni domenica ti aspettavi 'Sta sopra, sta ascoltando le partite!'. Facevi così tre rampe di scale per ritrovarti davanti alla solita porta bianca chiusa dalla quale fuoriuscivano a gran voce le parole dei radiocronisti. Questa dava accesso ad una piccola stanzetta dove il cugino ogni domenica occasionalmente si attrezzava con il Commodor 64 e ovviamente con la radio. Solitamente questa era la stanza dove faceva i suoi 'esperimenti' di elettrotecnica. Dalla stanzetta si poteva inoltre andare sull'ampio terrazzo dove, lungo il parapetto che circondava il perimetro, la zia teneva ben curate in una schiera di almeno una sessantina di vasi le sue piante di cui è ancora molto gelosa. Qui si svolgeva la partitella dell'intervallo fra i due tempi delle partite o una serie di tiri dal dischetto, sempre stando attenti a non pestare o in qualche modo colpire la povera Ruga che si aggirava con la sua lentezza in lungo ed in largo forse per sfuggire agli attacchi di Pallina, non si sa perché glie le voleva dare sempre, forse solo per cercarsi un piccolo buco dove infilarsi. Usavamo una piccola pallina che avrà avuto un raggio all'incirca di 5 cm, ovviamente rigorosamente neroazzurra. Ed è così che imparavi i primi rudimenti: il tiro di 'piatto', il tiro di 'punta', il 'dribbling'. Il gesto atletico che però ricordo in particolare è il 'tunnel' che mio cugino si divertiva a farmi a ripetizione, facendomi barcollare da una parte all'altra e spesso cadere, spinto giù dalla perdita d'equilibrio causata dalle innumerevoli giravolte che mi toccava fare per tenere incollati gli occhi sul pallone, cosa che si doveva fare per rispettare un altro rudimento del calcio, ovvero 'Non perder mai di vista il pallone'. Questa è la regola da seguire per non farsi ingannare dai movimenti dell'avversario, almeno secondo le sacre parole del cugino. E come sarà accaduto a tutti, cadevi e ridevi come un matto, un vero e proprio controsenso. Eheh.
E ogni domenica, all'intervallo si sentiva la zia urlare da giù, attirata o forse spaventata dai tiri fortissimi che finivano contro il parapetto e alle volte oltre, finendo sulla strada o nella campagna circostante a seconda della direzione del tiro. Ovviamente in questi ultimi casi si rischiava molto spesso di non rivedere più rotolare quel bellissimo oggetto o perché finiva sotto le ruote di qualcuno oppure perché finiva tagliato in due dal coltello dello zio svegliato dal trambusto e per questo adiratosi.
Spesso tra un goal e l'altro, si sfogliavano gli album e si iniziavano ad appiccicarvi le figurine racimolate durante la settimana da Palmina. Altre volte invece si fabbricavano delle vere e proprie miniature dei giocatori: si ritagliavano figure intere dal giornale, gli si appiccicava con della colla uno o due strati di cartone proveniente dalle buste di latte e si classificavano per squadra per poi divertirsi ad utilizzarli su di un campetto fatto ad arte di compensato.


Non so perché ma mi esaltavo ogni volta che forse da Roma, non ricordo più perfettamente, interveniva il grande Cucchi. Si riconosceva inoltre quando arrivava uno stadio del sud o comunque una sfida un po' meno importante annunciata dalla 'tranquilla lentezza' delle parole del grande Tonino Raffa. E poi, dopo due ore, il divertimento finiva, si ritornava alla vita di sempre: il cugino usciva e te ti spiccicavi contro i quaderni di scuola per meritarti la tua di uscita.

B.M.


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