lunedì 7 aprile 2014

C'è qualcuno in casa? - 2 episodio



"Sebbene fuori ci sia un bellissimo Sole che manda in estasi le mie pupille e ravviva i sensi - serotonina in circolo finalmente! -, il cielo di Milano, ma forse de più quel libraccio verde che sto leggendo - e lo dico in modo benevolo, avendo quest'ultimo incontrato finalmente i miei favori -, ha ispirato in me qualcosa che spero risulti - in caso contrario io c'ho provato! - abbastanza inquietante. Divertimento a parte, lo pubblico per evitare di lavorarci e perderci conseguentemente dell'altro tempo ora che non ne ho più così tanto da spendere. E questo fa si che non mi sia preoccupato minimamente di come far continuare subito dopo la storia. 'Andrò a braccio', di volta in volta, come si suol dire!"

Sebbene le abitudini occupino lunghi tratti della nostra esistenza, sono ben più importanti solo alcuni piccoli squarci di tempo, quelli legati agli inevitabili ed istintivi, e del tutto imprevedibili, sobbalzi del petto. Come le nuvole grigie nel cielo di Londra, le lunghe distese di ghiaccio impassibile del Polo, il ticchettio lungimirante dell'orologio. Arrivano anche nella città londinese improvvisi sprazzi di sole, orsi a solcare il paesaggio desolato dell'estremo nord e nondimeno arrivano momenti durante i quali il modo in cui debba scorrere il tempo non è più dettato dal solito 'tic-tac'.
 Toccata appena dal nuovo Sole primaverile, l'umidità andava dissolvendosi, mentre si ripeteva un processo che ha, a dir poco, dell'antico. Due paia d'occhi si incrociarono per la prima volta, si inseguirono ed infine si videro accartocciarsi nello specchio, chiusi mentre scoppiava la passione. È successo solo questa mattina, ed ora, in queste lande desolate, buie e spazzate dal vento in cui sono capitato, questo è l'unico pensiero che mi esorta e convince a trascinare il mio corpo in avanti. E sebbene sia fatto di sola carne ed ossa, ha il peso di un macigno tanto che solo il possente Atlante, nel trasportare il Mondo sulle proprie spalle, potrebbe aver faticato quanto me in questi istanti. Mentre metto le braccia in avanti, in cerca di un appoggio per sollevarmi, seguo le orme lasciate dalla mia fervida immaginazione sullo stretto sentiero della ragione. Le orecchie si tendono in cerca di una voce che mi riveli cosa ci faccio e come sia arrivato in questi luoghi alquanto esotici. La natura terrorizzante del circostante mi suggerisce però di non perdere altro tempo, di rimandare la costruzione anche della più banale delle congetture e di allontanarmi in fretta dal punto nel quale mi sono ritrovato. Granelli di sabbia scorrono tra le mie dita mentre scelgo una direzione e carponi prudentemente inizio a muovermi. L'ambiente è spettrale e a malapena riesco a vedere cosa c'è oltre la punta del mio naso. L'aria è densa, tanto che mi pare di respirare per la prima volta dopo tanto tempo, e riecheggiano nel buio diversi suoni cupi e terrorizzanti che mi danno l'idea di esser circondato da una gran moltitudine di esseri. Tuttavia i loro versi sono lontani da qualsiasi suono che possa minimamente riconoscere. Il rumore della sabbia spostata deve aver destato l'attenzione di qualche malvagio spettro giacché un nuovo sibilo insistente e terrorizzante si insinua ad un tratto nel frastuono generale, svettando poco a poco tra le altre non troppo meno crude melodie. Sul tappeto nero della notte disteso davanti ai miei occhi, noto un'ombra che si avvicina, che brancola nel buio alla ricerca spasmodica di qualcosa. Provenendo da diverse direzioni, due agghiaccianti urla si susseguono ad un tratto per poi terminare bruscamente in cupi silenzi che intuisco essere di morte. Dopo qualche attimo ecco di nuovo quel sibilo cresciuto fino ad aver ormai assunto le sembianze di un urlo fortissimo. Anche se non riesco a distinguerla precisamente, son convinto che quell'ombra mi sta braccando e - lo sento! - brama la mia carne.
Sono ancora, per un istante, vittima della mia immaginazione che indugia impietosa regalandomi un macabro lampo di luce. Per quella assurda mia amata, per quanto sadica alle volte, metà è tutto già deciso. Per lei non sono che la vittima di un efferato omicidio che sta per consumarsi in uno squallido e buio vicolo cieco, dove sono finito con le spalle al muro sfuggendo finora al mio nemico. È il momento di crescente spavento in cui il mio assalitore sta per palesarsi facendo capolino con occhi iniettati di sangue dall'altra parte della strada. Il terrore improvviso ghiaccia il mio sangue e frena il mio incedere. Mi abbasso, raso al terreno. I pugni sono chiusi, i denti stretti così forte da farmi male. Gli improvvisi spasmi di paura che riducono in brandelli le mie budella sono il presagio di qualcosa di terribile che sta per accadermi. Qualcosa che avevo solo osato pensare, un lampo che avevo trattato alla stregua di un pensiero, per quanto opprimente, allontanato, spinto a largo nell'oceano della mente, semplicemente dimenticato. Riesco malgrado tutto a spostarmi più silenziosamente. Il mare, che sento essere l'unica ancora di salvezza, ora non è più troppo distante. L'ombra intanto riconosce distintamente il mio odore, sente il sangue pulsarmi intensamente nelle vene e generare nella sua estremità superiore l'assordante suono pressante di un tamburo possente. Così, a pochi passi da me, quasi per non affogare nella pazzia più sfrenata, sfoga la sua lancinante insoddisfazione e tutta la sua feroce smania di sangue in un agghiacciante grido che svuota l'aria dei suoni circostanti. Raggiungo la riva, non ci penso minimamente a voltarmi; scatto in piedi mentre degli artigli affondano nella mia schiena e strappano della carne. La paura sovrasta il dolore, per quanto insopportabile, mentre corro all'impazzata inseguito da quel lupo indemoniato ed infine mi tuffo ad occhi chiusi quando raggiungo acque abbastanza profonde, consapevole di aver esalato forse il mio ultimo respiro.
Il gelo dell'acqua raggiunge all'istante ed in profondità la mia carne, un accogliente silenzio riempie i miei poveri timpani maltrattati, il cuore rallenta la sua indemoniata corsa. Non ci sono ombre nell'acqua, né demoni: niente! Il mare tranquillo è un rifugio altresì pericoloso, in cui è possibile trovare le fredde mani della morte. Abbandonandomi alla marea, quest'ultima si sarebbe avvicinata silenziosa e fugace; sarebbe stata di gran lunga meno cruenta di quella che sarebbe sopraggiunta per mano di quell'ombra maledetta. Riemergo in superficie una volta svuotato i polmoni e riapro gli occhi con un velo di speranza, quella patetica che non lascia mai gli uomini, neanche in punto di morte. Quelle grida terrificanti sono di nuovo li e sono ancora più assordanti. Penso di esser giunto alla fine della mia esistenza, mi abbandono completamente, ma il colpo fatale tarda inaspettatamente ad arrivare. Sebbene ci sia buio pesto, mi accorgo con grande sollievo della gran distanza che ormai mi separa da quella morte straziante. Capisco che il suo timore per l'acqua, che forse è per quell'ombra letale, ha salvato quel poco che rimane della mia vita.
Adagiato nella tranquillità del mare, perdo parte dell'inquietudine e, sebbene la ferita mi dia più di qualche scossa di dolore, posso ora notare le caratteristiche di quella terra a me sconosciuta. Mi accorgo così che schivi i raggi del Sole riflessi dalla Luna sembrano fuggire impauriti da quella natura malvagia ed adagiarsi unicamente sulle acque gelide di quel mare. Tutto il resto rimane di un nero catrame, indistruttibile, come se domani per quelle terre non dovesse sorgere alcun Sole. Rimango turbato. Intuisco che il selvaggio Inferno di Dante, per quanto dolcemente decantato, non può essere poi così diverso da quelle terre remote. La morte li non sarebbe stata un appagante e meritato riposo dopo i dolori della vita, bensì essi si sarebbero prolungati eternamente, rievocati dagli urli strazianti di quegli esseri immondi. Intuisco che la notte sarà lunga e i pensieri si agiteranno nella mia testa alla stregua di quell'ombra, finché la morte leggera non sopraggiungerà come conseguenza di quel colpo inferto. La marea mi sospinge dolcemente a largo senza disturbare troppo la mia mente impegnata, come per esaudire il desiderio di un condannato. Ora, mentre il dolore diventa lancinante, non mi rimane che aspettare...

B.M.

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